giovedì 14 gennaio 2016

GLI ERRORI STORICI DELLA FOCE ANTICA


Daniele CAGNIN

PREFAZIONE

A completamento delle mie ricerche, inerenti la storia degli edifici religiosi presenti nella Foce Antica, ho deciso di elencare le “imprecisioni storiche” rilevate sul nostro quartiere. Molte notizie risulteranno una ripetizione di quanto già affermato negli articoli relativi, ma credo sia ugualmente utile rinfrescare la memoria dei lettori.


La Foce in una cartolina spedita nel 1912

1- Etimologia del toponimo Foce

L’ipotesi che primeggia sulla rete informatica, e che nel corso degli anni è diventata di “dominio pubblico, fa derivare l’origine del toponimo FOCE dall’antico popolo dei Focesi, coloro che “fondarono” Marsiglia intorno al 600 a.C.
La notizia è stata estrapolata da Giulio Miscosi: nella sua trattazione (1)(degli anni Sessanta) ci racconta che tale la notizia è presente anche in altri “storici” tra cui Girolamo Serra (2). Ma leggiamo quanto riferisce: «...il suo nome proviene, non già dal trascurabile sbocco a mare del torrente, ma dall’antichissima residenza dei Focesi. Questa tesi sarebbe avvalorata dalla collina di Fogliensi (Phocensis) dove ora sorge la chiesa di San Pietro e la regione di Foce Alta. Infatti più tardi, verso il Mille, si creò in questo ameno colle, l’ordine dei Fogliensi, che presero il nome dal luogo dove fu eretto il monastero». Che l’antico Borgo della Foce possa essere stato, in epoca preromana, la “residenza” (probabilmente occasionale, visto i presunti traffici commerciali con la popolazione autoctona), non ci sentiamo di escluderlo a priori, ma nello stesso tempo possiamo escludere che siano stati i “fondatori” di un antico nucleo abitativo.
Da quanto detto possiamo quindi prendere in considerazione questa tesi, come “tradizione popolare”, forse consolidata negli anni Sessanta del secolo precedente, e di cui anche il Miscosi, probabilmente, non è certo, questo perché non approfondisce la fonte, tanto è vero che conclude tale argomento in maniera sbrigativa, dicendo: «Tralasciamo quest’epoca che chiameremo eroica, dove il lettore può pensarla come meglio gli aggrada».
La “tesi scientifica” più accreditata farebbe derivare il toponimo Foce dalla parola latina Faucem, da intendersi come “passaggio angusto”.



2- La Leggenda dei Santi Martiri

Come accennato nel mio articolo relativo (3), la leggenda dei santi martiri Nazario e Celso si è “consolidata” nella nostra città a cavallo dei secoli VI e VII quando dimoravano i Vescovi di Milano, i quali erano già devoti a questi precursori del Cristianesimo fin dall’inizio del V secolo.
Nella storia della Chiesa è vissuto un altro Santo di nome Nazario: si tratta di San Nazario Vescovo di Giustinopoli, vissuto tra V e VI secolo. Nel 1379, durante la guerra di Chioggia fra la Serenissima repubblica di Venezia e la Superba repubblica di Genova, i genovesi saccheggiarono la città istriana (che nel frattempo aveva preso il nome di Capodistria), trafugando le reliquie di San Nazario e Sant’Alessandro; dopo circa quarant’anni, nel 1422, l’Arcivescovo di Genova restituì le preziose spoglie sacre alla sua legittima sede.
Il racconto appena descritto ha sicuramente tratto in errore l’autore di un articolo apparso nella rivista Liguria – Rivista mensile di attualità e cultura del 1991 (citato anche nella rete informatica), il quale attribuisce la dedicazione della chiesa a questo santo vescovo. Sempre nello stesso articoletto si fa cenno alle scorrerie saracene che subì la nostra città: ancora una volta la citazione del periodo di riferimento (secolo XII) è inesatto, l’episodio avvenne verosimilmente nel ventennio compreso tra il 920 e il 940.

3- La Torre Saracena

La torre quadrata posta a guardia contro gli attacchi saraceni, che divenne in seguito il campanile della chiesa dei Santi Nazario e Celso, è collocabile nella prima metà del X secolo.
Secondo il critico Federico Alizieri (4) l’aspetto del monumento è indizio di remota antichità, ma nutre dei dubbi su chi possa essere stato il suo effettivo autore: forse la famiglia Del Giudice (nel secolo XI), secondo il manoscritto del secolo XVIII della Biblioteca Universitaria.

Oltre al periodo risulta discordante anche il nome: il cronista settecentesco Nicolò Perasso (5) la cita come Torre d’Albaro, mentre Lazzaro De Simoni (6) la nomina come Torre di San Nazaro (del promontorio omonimo).
A breve distanza dal luogo di questa costruzione è tutt’ora presente una torre del Quattrocento chiamata Torre dell’Amore(7): ancora una volta, nella rete informatica, sono presenti notizie errate, che portano il “lettore” a confondere le due strutture.

4- La Chiesa Paleocristiana dei Santi Nazario e Celso

Le prime notizie storiche certe sull’edificio risalgono alla fine dell'Vsecolo (8).
Secondo il Perasso( 9) una prima costruzione, forse una piccolissima cappelletta, (angusta come era nel suo primo essere) era già presente fin dalla remota antichità, sorta per commemorare in modo dignitoso il ricordo della “celebrazione della prima messa”: i Genovesi […] eressero a loro onore un tempio in distanza di 60 passi dalla prememorata Torre. Questo fu coltivato, e venerato dalla pietà de fedeli circa 800 anni e fin tanto che con la spiaggia circonvicina non fù divorato dalli impetuosi flutti del Mare.
Questa “tesi” è sostenuta anche dal Novella (10), il quale ci riferisce che trae questa notizia (coincidente parola per parola con quella del Perasso) da un manoscritto presente nella biblioteca del convento dei Padri Minori Conventuali della chiesa di San Francesco d’Albaro.
Dal De Simoni(11)abbiamo un ulteriore ipotesi: Nessun documento vi accenna, e questo per la durata di non meno di otto secoli, fino a quando la chiesa dei santi Nazario e Celso scomparve silenziosamente, come silenziosamente era sorta, tra i gorghi del mare.
Commento storico
Analizzando in maniera più approfondita il testo del Perasso si viene “assaliti” da “comprensibili” dubbi: è discutibile fissare in otto secoli il periodo di culto di questi martiri, considerando che la leggenda dei martiri, come già riferito, è da fissare in un periodo compreso tra il VI e VII secolo; anche la distanza di sessanta passi (circa cento metri) appare poco accettabile: la costruzione sarebbe da collocare nella piccolissima spiaggia (12), quindi poteva trattarsi di una semplice edicola votiva.
5- Il Palazzo della famiglia Zaccaria
Nella notte fra il 13 e il 14 dicembre 1311 muore nella nostra città, colpita da un’epidemia di peste, un’importante “figura politica” dell’Europa di quel tempo: Margherita di Brabante, coniuge dell’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo.
Questa notizia, forse poco pubblicizzata negli ambienti scolastici cittadini, è stata oggetto di numerose interpretazioni storiche, in primo luogo sulla data, esistono almeno sette versioni diverse, e in seconda analisi sul luogo: l’imperatrice muore nella “residenza”, fuori dalle mura cittadine, della famiglia Zaccaria: Palatio Heredum Benedicti Zachariae et in urbis appendicibus ubi Bisagnum ad partem Orientalem juxta mare (13).
Da quanto detto alcuni studiosi del secolo scorso, tra cui il Ferretto e il Mazzotti, ritennero che tale residenza poteva essere collocata alla Foce, interpretando, forse in maniera “frettolosa”, le parole dello storico di corte juxta mare, come una vicinanza alla costa.
Nel XIV secolo il “nostro quartiere” non aveva sviluppo residenziale, quindi la “prossimità al mare” delineata da Alberto Mussato (considerando che è un padovano) deve essere ricercata in un altro contesto cittadino.
Secondo Pietro Barozzi1 (14), l’aerea localizzabile nel borgo chiamato di San Vincenzo è l’unica “teoria valida”.

5- La “nascita” del Borgo della Foce

Come da “tradizione consolidata” sappiamo che il “nostro quartiere” rimase disabitato fino agli inizi del secolo XV, consultando le fonti storiche tale “dato” è confermato pur se mi sembra preferibile fissare questo “episodio” nella seconda metà del XIV secolo. Fino a quest’epoca la proprietà di questa “vastità terriera”(15) apparteneva all’abbazia di Santo Stefano. Prima di questo periodo, le uniche notizie riscontrate non ci forniscono un quadro completo degli edifici presenti e soprattutto non indicano la presenza di un insediamento abitativo tale da poter essere considerato “borgo”.
E’ doveroso effettuare una piccola digressione: nel Trecento Genova, nonché tutta l’Europa, fu vittima di varie epidemie, da non dimenticare la peste nera che dimezzò la popolazione nel biennio 1348 – 1349. Per assistere questi malati furono allestite delle strutture, forse anche in tempi successivi e fuori dai centri abitati, per non trovarsi “impreparati” ad ulteriori episodi che si potessero verificare nel futuro. E’ molto probabile che l’allestimento o la costruzione del Lazzaretto della Foce possa essere avvenuta in un intervallo di tempo (16) compreso tra il 1350 e il 1372 (o forse 1383: anno dell’ultima epidemia del secolo): quest’ipotesi è suffragata dal fatto che nel 1467 risulta antico e in rovina.
Provando a formulare delle ipotesi, possiamo credere che attorno a questa struttura assistenziale si possa essere formata una piccola “comunità di collaboratori” che abbia dato vita ad un primissimo nucleo abitativo: se diamo credito alla descrizione cinquecentesca del Giustiniani dobbiamo credere che la presenza di abitazioni, riferita al XV secolo, non doveva superare le otto case.
La prima “notizia storica” sulla zona della Foce è stata reperita in un atto notarile del 1448, riguardante la vendita di una casa vicino alla spiaggia nella villa Faucis Bisannij (17).

6- La Cappella Medioevale di San Bernardo

Nel 1461 esisteva una cappella dedicata al santo abate?
La notizia è tratta da una pubblicazione di fine Ottocento di Francesco Podestà: dopo aver consultato la “fonte storica” (18) da cui è stata ricavata la notizia in questione, il mio pensiero in merito è molto diverso rispetto all’autore del volumetto.
Nel manoscritto sopra citato si fa cenno ad una “supplica”, datata 5 gennaio 1461, degli ortolani del Bisagno circa le multe per gli affiliati dell’Arte che non avessero ottemperato alla prescrizione di assistere, nei giorni stabiliti, agli Uffizi Divini nella chiesa di San Bernardo.
La chiesa in questione difficilmente può essere considerata una “precedente cappella” sita nello stesso luogo dove all’inizio del XVII secolo verrà edificato il complesso monastico dell’Ordine dei Bernardoni, in quanto nel XV secolo, nella zona della Foce, era presente solo la cappella dedicata a San Pietro, di proprietà della famiglia Credenza, la stessa a cui appartiene il redattore del manoscritto in oggetto: quindi mi sento di poter escludere una possibile “confusione” di nomi fatta dall’autore, perciò la chiesa di san Bernardo (forse di “patronato” degli ortolani del Bisagno nel XV secolo), è da ricercare in un altro contesto cittadino.
Consultando altre “fonti locali” (Syndicatus del 1311 e Tassa Straordinaria di Urbano VI del 1387) si evince che la chiesa citata nel manoscritto del 1461, è quella posizionata sul “monte del Peralto”, vicino alla porta di San Bernardino.
E’ evidente che la conclusione a cui giunge il Podestà non è stata approfondita, conducendo all’errore anche gli autori di una pubblicazione del 1973 (Immagini di Vita tra terra e mare – la Foce in età moderna e contemporanea 1500 – 1900): l’elaborato “appare” come una “rivisitazione” sulla scorta di basi culturali, che rispecchiano l’epoca dell’autore e non quella del Quattrocento.

7- La distruzione della chiesa di San Pietro

L’antica chiesa di San Pietro, dopo il 1811, fu trasformata in oratorio: il giorno di Natale del 1821 subì gravissimi danni a seguito di una grandissima “catastrofe naturale”, rendendola inutile agli usi del culto, che in molti riferiscono come “furiosa mareggiata” (19), mentre altri riferiscono di un “maremoto” (20): ma non fu distrutta completamente!
Sappiamo che era in possesso di Monsignor Filippo Oneto: morto nel 1887 il fabbricato fu venduto alla “pubblica asta”: la chiesa fu trasformata in magazzino e poi in un’osteria, rimase solo una campana che per molti anni servì come “orologio pubblico” (21) del borgo.

8- L’Oratorio delle Anime Purganti

            Tutte le pubblicazioni consultate relative all’Oratorio della Foce, fissano al 1602 la costruzione dell’edificio.
Ciò avvenne grazie all’opera del Venerabile Bartolomeo da Salutio, coadiuvato da Giovan Battista Senarega (deceduto nel 1609) e da Giovan Battista Castello. Consultando la biografia di Bartolomeo Cambi esistono due periodi in cui lo troviamo presente nella nostra città, vale a dire alcuni mesi del 1593 e il periodo dell’Avvento del 1602 (per predicare nella Cattedrale): il Novella riporta un diverso periodo in cui il frate francescano “insegnava” nella chiesa Metropolitana di Genova, vale a dire la Quaresima dell’anno 1602.
In base agli elementi a nostra disposizione è plausibile pensare che la costruzione dell’oratorio possa essere collocata in un arco di tempo che va dal 1593 al 1602.
NOTE
1          GIULIO MISCOSI, I Quartieri di Genova Antica, Genova 2004, p. 257.
2          GIROLAMO SERRA, Storia dell’Antica Liguria e di Genova, Genova 1834, p. 17: «… e il medesimo [popolo dei Focesi] forse o un simile popolo al sinistro lato di Genova l’amenissimo poggio di Calignano»; da quanto affermato non si ha nessun riferimento esplicito a probabili “fondatori” del nucleo abitativo della Foce.
3          DANIELE CAGNIN, Storia della Leggenda dei Santi Martiri Nazario e Celso, novembre 2014 (http/anticafoce.blogspot.it).
4          FEDERICO ALIZIERI, Guida artistica per la città di Genova, vol. 1, Genova 1846, p. 583.
5          NICOLO’ PERASSO, Memorie e notizie di chiese ed opere pie di Genova”, manoscritto 1770 ca., c. 246r.
6          LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di Genova, Genova 1948, p. 129.
7          GIULIO OTTONELLI, Vedute e descrizioni della vecchia Genova, Genova 1973, p. 12.
8          LUIGI TOMMASO BELGRANO, Atti Società Ligure di Storia Patria, VOL. II, p. 27, Genova 1871.
Atto redatto nel maggio dell’anno 987 dal Notaio Fulconio, nel quale è documentato che il Vescovo Giovanni II avvallò la donazione (inter vives), fatta dalla famiglia Del Giudice ai monaci benedettini di Santo Stefano (nella persona dell’abate Eriberto), per ufficiare la Basilica Sancti Nazarii que fundata est prope ripa maris in loco qui dicitur Albario ubi ad Sanctos Peregrinos
9          N. PERASSO, Memorie e Notizie, c. 246v.
10        PAOLO NOVELLA, Memorie dei SS Nazario e Celso, p. 365.
11         L. DE SIMONI, Le Chiese di Genova, p. 130.
12        DOMENICO CAMBIASO, L’anno ecclesiastico e le feste dei Santi in Genova.
13        ALBERTO MUSSATO, Historia augusta de gestis Heinrici VII Caesaris
14        PIETRO BAROZZI, Momenti di Geografia Storica Genovese, Genova 2000, pp. 103 – 112
15        CF. LUIGI TOMMASO BELGRANO, Atti Società Ligure di Storia Patria: «Cum decimis et primiciis ad supradictam Ecclesiam pertinentibus, per fines et spacia locorum a flusio Vesano usque rivo Vernazola et a via publica usque in mare».
CF. Manoscritto Biblioteca Universitaria, N° 255, Miscellaneo di scritture ecclesiastiche: «Domenicalij, quae ipsi qui abitavi, et habitaverint in Civitate Januae et in Burgo, et in Castro, in praesentibus quod in futuris temporibus a flumine Besagni usque flumen Sturlae».
16        Sembra poco probabile (o comunque non verificata), una notizia (tratta dalla rete telematica) che pone la costruzione del Lazzaretto nel XIII secolo.
17        ANDREA DE CAIRO, Venditio 23 ottobre 1448, filza 4 (A.S.G., Notai Antichi, filza – n° generale d’ordine 784, atto n° 272). In un successivo atto del 1449 è nuovamente citata villa Faucis Bisannij, ulteriormente in altro atto dell’11 maggio 1474, risulta come villae Fucis Bisannae: è curioso sottolineare come nell’arco di venticinque anni il nome “cambia”.
18        DIVERSORUM – Officium Monete, N° 1006, Registro Cancelliere Nicola di Credenza, 1460 - 1461, c. 58 (A.S.G, Archivio Segreto, N° 570).
19        CASALIS GOFFREDO, Dizionario Geografico Statistico Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, p. 480.
ANGELO REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, Genova 1882, p. 89.
OTTONELLI GIULIO, Vedute e descrizioni della vecchia Genova, Genova 1973, p. 40.
20        P. NOVELLA, L’antica chiesa di San Pietro, p. 472.
«La terribile tempesta che durò fino al giorno 27 fu una delle più spaventevoli e dannose ricordate dagli annalisti. Le onde – dicono costoro – salivano fin sui tetti delle case anche le più alte, poste in vicinanza della ripa». (LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di Genova, p. 167).
21        Nel corpo principale presso l’angolo nord – ovest havvi una piccola torre con orologio, della quale per concessione a titolo precario fatto dal fu Monsignor Oneto, ne ha l’accesso e l’uso l’amministrazione comunale per regolare e mantenere l’orologio che ivi si trova per comodo del pubblico. (Notaio Benedetto Bagnasco, Volume 42, atto n° 47 – A.S.G., Notai IIIª sezione Genova, N° 2754)



FOCI – FOCESI – FOCIA


Edoardo Maragliano

Se è vero che il rione Foce non ha niente a che vedere con i focesi, è pur vero, però, che Genova ha avuto molti rapporti con i focesi di Focea, colonia greca situata sulle sponde dell’Asia Minore e fondata da Greci fuorusciti dalla madre patria Focide.
Da Focea molti dei suoi abitanti si dipartirono per fondare altre colonie sparse sulle coste del Mediterraneo, tra cui, per esempio Massalia (Marsiglia), Reggio (Reggio Calabria), etc.
Dopo il Trattato del Ninfeo (1265) i Genovesi ebbero la possibilità di stabilire molti contatti commerciali e costituire fondaci in molte località dell’Impero Bizantino, tra cui anche Focea (l’odierna Foca).
L’interesse che i Genovesi nutrivano per quei posti si basava sul fatto ch’erano ricchi di una resina, prodotta dal lentisco, utilizzata in quei tempi per profumare l’alito e che si masticava a lungo, per cui fu detta “mastice”. Tale resina, soprattutto nelle classi elevate, era richiestissima ed è proprio per questo motivo che i mercanti genovesi la importavano in gran quantità per riversarla sui mercati dell’occidente europeo.
Focea, in particolare, fu occupata nel 1275 dagli Zaccaria; nel 1316 passò ai Cattaneo; Simone Viguzzo nel 1346 se ne impossessò, dopo essere stata nelle mani dei Veneziani.
Michele Duca riferisce che alcuni Genovesi abbiano fondato a pochi chilometri dalla vecchia Focea, una nuova Focea.
Fin qui la storia dei rapporti di Genova con i focesi di Focea, ma v’è ancora qualcosa di curioso da raccontare: la storia è questa.
Il Comune di Genova nell’Ottocento, volendo ricordare questi fatti, cambiò il nome del vicolo detto della Madonna, già “Bertucca”, con quello di Fôxia nova ed il vicolo dei Gatti con quello di  Fôxia vegia (Focea in genovese corrisponde a  Fôxia). Successivamente gli incaricati del Comune, ignari che Fôxia fosse Focea ed interpretandolo invece come un’errata genovesizzazione di “foglia”, mutarono Fôxia in Foggia.
Durante il regime fascista in cui vi fu la mania di italianizzare tutto, Foggia diventò “Foglia”: da qui i toponimi di “Foglie Nuove” e “Foglie Vecchi”. Questi due vicoli congiungono via Gramsci con via Pré.

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