giovedì 1 giugno 2023

IL NOSTRO COMPLEANNO

 

Il GRUPPO ANTICA FOCE è stato istituito nel 2013 come una delle attività culturali della Biblioteca Servitana, fondata nel 1999 per volere del compianto fra Francesco Maria Moioli – dell’Ordine dei Servi di Maria – e portata avanti grazie alla grande competenza della coppia Arduino-Olivari, e ubicata nei locali della Chiesa di Santa Maria dei Servi alla Foce.

Il nostro intento, inteso come finalità di tipo costituivo, è quello di RICERCARE, CONSERVARE e DIVULGARE la documentazione storico-archivistica inerente la zona della Foce.

RICERCARE: il nostro primo “impegno” è stato quello di reperire ulteriore “documentazione antica”, rispetto a quella che era già presente in biblioteca.

CONSERVARE: della documentazione è stato stilato, in maniera professionale da parte di due dottorande, un elenco di facile consultazione.

DIVULGARE: questa è stata l’operazione più “impegnativa”. In un primo tempo è stato aperto un Blog sulla rete informatica (anticafoce.blogspot.com); alla fine di ogni anno sociale i “contributi” elaborati dai vari autori (ad oggi circa sessanta articoli redatti da dieci collaboratori volontari) venivano presentati alla popolazione presso l’aula consiliare del Municipio Medio Levante. Sono state organizzate tre serie di conferenze nel triennio 2015-2017.

Successivamente è stato pubblicato un primo volume (2018: ANTIGA FOXE), contenente alcuni degli articoli già presenti sul blog. Durante la presentazione, presso l’aula consiliare del Municipio, fu ricordata la figura di Severino Fossati deceduto poco prima della pubblicazione stessa: è una persona da considerare come l’incarnazione della Foce. Nell’anno seguente è stato presentato un ulteriore libro (2019: A FORMA FOXE) inerente le varie trasformazioni storico urbanistiche avvenute nel corso dei secoli, prevalentemente dal secolo XV al XX. Il testo non è completo in quanto uno dei due autori, proprio Severino Fossati, non riuscì a poter portare a termine la stesura del periodo del Novecento: per la presentazione è stato invitato, come relatore, un famoso architetto di Milano: Gianandrea Barreca.

Nel periodo precedente la Pandemia Covid ci siamo accorti che la strada intrapresa, pur se ben instradata, non era sufficiente e quindi abbiamo cercato di essere più visibili. Ci siamo occupati del riposizionamento di una statuina della Madonna (Stella Maris) in un’edicola votiva rimasta vuota per lungo tempo (giugno 2019), ma soprattutto divulgare nelle scuole (Medie Inferiori) il nostro lavoro (febbraio 2020). Purtroppo di quest’ultima esperienza rimane il ricordo di una piacevole iniziativa che non ha avuto seguito.

Sempre nell’anno della pandemia (settembre 2020) siamo riusciti a pubblicare il terzo volume VEGIA FOXE composto da dodici “articoli”, più cinque “box esplicativi”, elaborati da cinque componenti del gruppo (Arduino-Olivari, Ferraro, Fossati, Giangoia, Maragliano, più un contributo ricevuto da un discendente argentino di un abitante della Foce ottocentesca), i quali portano alla luce e ci fanno rivivere alcuni aspetti del passato; la presentazione è stata svolta (proprio a seguito delle restrizioni sanitarie) nella chiesa di Santa Maria dei Servi nel novembre 2021.

L’ultima nostra fatica è stata la pubblicazione del quarto volume, finanziato dalla Fondazione Carige. All’inizio del mese di marzo 2022 abbiamo dovuto piangere la perdita di Giorgio Olivari che per oltre vent’anni è stato il custode del sapere della Biblioteca Servitana. Il libro, presentato nel settembre 2022 nella chiesa Santa Maria dei Servi (come relatore l’invito è stato rivolto a Padre Mauro De Gioia, coordinatore dell’ufficio beni culturali della Diocesi di Genova), è stato composto da Daniele Cagnin dal titolo LE CHIESE DELLA FOCE ANTICA.

Dopo aver messo in luce, se pur in modo sintetico, questa carrellata di impegni del passato il nostro sguardo, rivolto verso il futuro, non ci fa vedere una visione ad ampio raggio. Il gruppo si è notevolmente ridotto di numero e gli unici impegni che possono essere soddisfatti (oltre ad una eventuale quinta pubblicazione: una sorta di manuale di storia urbanistica) sono quelli relativi a collaborazioni con altre associazioni che sono interessate a condividere il sapere sulla Foce.

In conclusione vogliamo lasciarvi questi due pensieri.

COSA INTENDIAMO OGGI PER FOCE?

Ai giorni nostri con il toponimo FOCE si intende l’ex quartiere amministrativo (ora inserito all’interno del Municipio Medio Levante) che territorialmente va dalla stazione Brignole al mare: l’unico pianeggiante e quello geologicamente più giovane e che occupa la piana di tipo alluvionale del torrente Bisagno. In passato è esistito un Comune della Foce: nell’antichità (secolo XV) per Foce si intendeva un piccolissimo borgo (8 o 10 case) localizzabile ai nostri giorni alla confluenza di via Casaregis con Corso Italia.

PERCHE’ SI CHIAMA FOCE?

Questa è una domanda che da circa sessant’anni tiene con il fiato sospeso molte persone, anche alcuni studiosi di storia locale. Dalle nostre ricerche abbiamo potuto constatare che la “tesi scientifica” più accreditata farebbe derivare il toponimo Foce dalla parola latina Faucis, da intendersi come “passaggio angusto”. A convalida di questa interpretazione etimologica si può portare il fatto che esistono toponimi Foce anche in altre zone d’Italia, in luoghi dove nessun corso d’acqua sbocca in mare e sovente anche in posizione elevata.

ELENCO ARTICOLI BLOG ANTICA FOCE

 








lunedì 31 ottobre 2022

 

LA FOCE NELL’ETA’ MODERNA

PARTE PRIMA

L’ultimo quarto dell’Ottocento

1873 - 1899



INTRODUZIONE

Inquadramento storico

Dopo i ben noti episodi storici di inizio Ottocento, culminati per l’antica Repubblica Aristocratica genovese con l’annessione al novello stato del Regno di Sardegna, Genova dovette attendere circa sessant’anni per trovare nuovo slancio per riaffermare la sua grandezza del passato, soprattutto grazie all’unificazione politica della penisola che portò alla creazione di uno stato italiano.

Le Autorità comunali prevedevano per Genova un’espansione1 edilizia nella direzione di levante, occupando con edifici la piana del Bisagno: per fare ciò, occorreva che la zona fosse annessa al comune genovese, ma i comuni interessati erano contrari, anche perché la popolazione coinvolta non voleva abbandonare le coltivazioni. Il problema si presentava difficile in quanto la maggior parte delle abitazioni della piana erano in affitto, come i terreni coltivabili. L’ampliamento della città (sancito dal Regio Decreto del 26 ottobre 1873) interessò i comuni della Foce, Marassi, Staglieno, San Fruttuoso San Martino di Albaro e San Francesco di Albaro: ciò permise la realizzazione del progetto di inurbamento della piana.

La prima “grande opera” pubblica

Circa dieci anni prima dell’episodio descritto nel paragrafo precedente, con progetto di Francesco Argenti del 1865, fu realizzata una via di comunicazione che doveva collegare il cantiere navale della Foce con la nuova Via Minerva sita nell’abitato denominato Borgo della Pila ricadente nel comune di San Francesco d’Albaro: tale “opera pubblica” si rese necessaria, forse, per l’aumento di operai che lavoravano all’interno del già citato cantiere e quindi per agevolarne l’accesso. Il progetto, visibile negli atti del Comune di San Francesco d’Albaro del 21 gennaio 1865, può essere considerato come antesignano delle opere di sistemazione urbanistica a scacchiera su maglia viaria ortogonale (un inedito per Genova) e con viali alberati, realizzate negli anni successivi sulla piana del Bisagno sul “tipo Torino” 2.

La via fu chiamata inizialmente via nuova al Cantiere, per non confonderla con quella del borgo, successivamente prese il nome della Libertà probabilmente perché costruita dai galeotti3 presenti in una parte dell’ex edificio del Lazzaretto.

Fu costruita a livello della piana stessa, risultando in leggera discesa verso il mare. Nella parte terminale, all’incrocio con l’attuale via Ruspoli, è presente il punto più basso di tutte le sedi stradali della Foce odierna, dove è più facile il formarsi di allagamenti in caso di alluvioni. Nel progetto, la strada terminava simmetricamente con due piazze.

Livello stradale

Quasi tutti i giardini posti tra le case di via Casaregis e corso Torino, nella loro parte più vecchia, sono ad un livello più basso delle strade presso i marciapiedi. Ciò è dovuto al fatto che le strade furono costruite più in alto rispetto al livello del terreno perché non si inondassero troppo facilmente con le frequenti esondazioni del Bisagno. I costruttori lasciarono i giardini più bassi, ottenendo un piano in più talvolta abbassandone anche un po’ il livello.

Vi sono poi particolari condizioni che hanno causato dislivelli tra le strade: via Casaregis, già nella parte alberata, è in leggera salita perché il tratto tra via Cecchi ed il civico 4 di via Casaregis, è stato ottenuto tagliando il promontorio che scendeva da via Nizza e quindi, forse per risparmio, si è lasciato che il livello della strada risultasse più alto, raccordando però con piccole discese il suolo con via Rimassa, vedi via Cecchi quasi in piano, via Morin in discesa e via San Pietro alla Foce in decisa discesa.

Da corso Torino a via della Libertà le traverse sono tutte in discesa e tra via della Libertà e via Brigate Partigiane sono in salita per raccordarsi con la copertura del Bisagno che ovviamente è stata tenuta più alta.

I primi “piani urbanistici”

In contemporanea con il “decreto di annessione” ne fu emanato un secondo che può essere considerato il primo piano regolatore per la zona della Foce: Progetto di massima dell’ampliamento della città. La stesura del progetto fu elaborato dall’Ufficio dei Lavori Pubblici del Comune di Genova ma non ebbe attuazione: tale pianificazione prevedeva lo spostamento4 del corso del torrente Bisagno verso levante a ridosso delle pendici della collina di Albaro e nello spazio, dove verrà realizzata l’attuale piazza Palermo, era prevista la costruzione di una chiesa.

La programmazione per l’inurbamento della piana del Bisagno andò avanti e nell’anno successivo furono emanate due delibere comunali: quella del 21 aprile si occupò dei finanziamenti da stanziare per effettuare un’opera di rilievo per il piano di ingrandimento del Bisagno, nella seconda delibera, del 13 ottobre, il provvedimento riguardò un “piano di massima” perfezionato con un “regolamento edilizio” del 19 novembre, approvato dalla Deputazione5 Provinciale.

Nel 1875, durante la seduta del Consiglio Comunale del 21 e 24 agosto 1875, fu nominata una Commissione Giudicante (composta dagli ingegneri Stefano Grillo, Francesco Carpineto, Pietro Tortarolo), per perfezionare il piano regolatore del 1873 (Progetto per l’ampliamento della città) ma si dovette attendere altri due anni per raggiungere alla definitiva pianificazione urbanistica. Fu un piano che potremmo considerare “speculativo” apparentemente poco studiato che dispose l’edificazione in una “piana alluvionale” che non valutava con cognizione di causa le frequenti inondazioni.

Le prime “lottizzazioni”

Le aree fabbricabili, individuate nello spazio compreso tra le attuali via Eugenio Ruspoli e passo Lorenzo Pareto, poste nella nuova strada (via della Libertà), e di proprietà di soggetti privati, furono sette. I quattro terreni edificabili, posti nella parte di tracciato stradale a ponente, furono oggetto di realizzazione nel biennio 1875 – 1876: nell’attuale via Finocchiaro Aprile (civico 6) è presente un altro edificio riconducibile al 1875, ma il progetto non è disponibile alla consultazione in quanto smarrito.

Consultando l’incartamento6 relativo, si rilevano tre informazioni importanti: la prima riguarda la “rappresentazione” della via Lorenzo Pareto in quanto segnalava il confine dell’antico comune della Foce: tale strada, nella “relazione di progetto”, è definita via Storta, richiamo all’antica via presente anche nella mappa del catasto napoleonico del 1808, Crosa storta della Foce. Il secondo dato significativo riguarda l’indicazione del regolamento del 1874 già citato: la distanza fra gli edifici è fissata in metri dieci (aumentato poi a quindici con il piano regolatore del 1877), mentre la larghezza delle strade è stabilita in metri quindici. L’ultima notizia degna di essere annotata è il tracciato di una strada che interseca la nuova via al Cantiere, che secondo il progetto del piano regolatore sarebbe dovuto arrivare fino all’attuale corso Torino: ciò non avvenne e la realizzazione di questa via di comunicazione si fermò all’attuale via Maddaloni.

I primi due edifici di civile abitazione (Via della Liberta 15 – 17)

Le prime due aree edificabili, su cui furono costruiti i primi i due palazzi di quello che sarebbe diventato con il tempo il nuovo quartiere residenziale di Genova, erano di proprietà di un tal Luigi Deltorchio il quale realizzò due edifici uguali di sei piani fuori terra (più un sottotetto) e con un’architettura lineare.

Le superfici, su cui ancora oggi insistono i due caseggiati, sono di circa 610 mq. per il civico 17 e di circa 570 mq. per il civico 15.

Dai disegni progettuali dell’epoca si individuano degli “ornamenti architettonici” collocati nella parte di facciata principale che va dal piano terreno al primo piano, mentre sono posizionati dei marcapiano tra il primo e il secondo piano, tra il secondo e terzo e tra il quinto e il sesto; tali “decorazioni”, se furono realizzate, in un periodo imprecisato furono rimosse (secondo dopoguerra?). In ognuno dei due caseggiati è presente un cavedio interno.

Nello stabile civico 15 il marcapiano tra il primo e secondo piano è ancora presente, mentre le finestre collocate sopra al portone di ingresso non state realizzate; sono altresì sistemati quattro poggioli (al secondo e quarto piano) non previsti nel progetto esecutivo.

Sappiamo che per il civico numero 17 nel 1963 fu modificata parzialmente la copertura del tetto, mentre la coloritura della facciata, interessò il civico 15 nel 1996 e forse anche in epoca anteriore nel 1969.

PIANO REGOLATORE E DI AMPLIAMENTO (1875 – 1877)

Descrizione

Nel 1875, come accennato nel precedente capitolo, fu nominata una Commissione che portasse a termine lo studio di vari progetti per la sistemazione urbanistica della “zona” da poco annessa a Genova. Per arrivare all’approvazione definitiva7 (giugno 1877) si dovettero attendere due anni di un iter burocratico e i punti salienti possono essere i seguenti: nella seduta comunale del 14 giugno 1876 viene richiesta la dichiarazione di “pubblica utilità”. Nel dicembre del 1876 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici diffonde dei suggerimenti di modifiche tra cui un giardino da realizzarsi tra l’area del Bisagno e le Fronti Basse8.

Il Piano prevedeva una sistemazione simile a quella realizzata nel Novecento, ma con alcune differenze importanti: nel progetto si mantenevano i borghi Pila, Rivale e Foce; anche il cantiere navale e il lazzaretto venivano conservati, quest’ultimo, a seguito della ristrutturazione, risulta come una costruzione rettangolare. In questo progetto, prevedendo un eventuale insediamento industriale, si pianificava una linea ferroviaria, che iniziando dall’angolo nord-est della cinta del cantiere, e costeggiando la collina di Albaro, si collegava con lo Scalo di Terralba.

Nella prevista Piazza Palermo doveva essere costruita una chiesa, come per il progetto precedente. Via Casaregis terminava fino all’attuale zona alberata, cioè limitata all’odierna via Ruspoli.

Lo spazio comprendente oggi tra via Cecchi e via Ruspoli costituiva la Piazza del Popolo: la piazza, nel lato verso il Bisagno, era chiusa da una grossa costruzione, chiamata il Casone, spostandosi ancora era presente un vicolo con il toponimo Via della Cappelletta, retaggio dell’antica presenza della Cappella9 del Rivale. Dalla parte opposta sono presenti i due palazzi di cinque piani in Vico del Delfino che si trovavano a cavallo tra le attuali via Cecchi e via Ruspoli: si può dedurre che le case in questione siano state edificate tra il 1874 e il 1877, costruzioni “favorite” dall’incremento di lavoro del Cantiere.

Questo piano è molto interessante perché vi sono riprodotte le strade e le case allora presenti e possono così essere posizionate nell’attuale sistemazione urbanistica: rispetto al progetto del 1873 erano già stati costruiti i quattro palazzi, lato di ponente, della “nuova” Via della Libertà (vedi paragrafo successivo e precedente capitolo). Erano espressamente dichiarate le distanze minime tra un palazzo e l’altro: non meno di quindici metri e l’altezza di venticinque.

Via della Libertà 19 – 21 (1876)10

Durante la seduta del 21 luglio 1876, il Consiglio d’Arte del Comune di Genova delibera il progetto di Giacomo Campanella per la realizzazione di un nuovo caseggiato nell’area di proprietà (mq. 662) presso la “nuova via al cantiere”: palazzo di sei piani fuori terra (più un sottotetto) e con un’architettura lineare. L’altezza del tetto del fabbricato era conforme al regolamento11 del 1874 già citato, fatta eccezione per la realizzazione di abbaini. Dai disegni progettuali dell’epoca si individuano degli “ornamenti architettonici” collocati nella parte di facciata principale che va dal piano terreno al primo piano, mentre sono posizionati dei marcapiano tra il primo e il secondo piano e tra il terzo e tra il quarto. Essendo composto da due entrate principali sono presenti due cavedii interni.

                                                                        

PROGETTO DI MODIFICAZIONE E DI AMPLIAMENTO (1888 – 1894)

                                                            


Inquadramento storico

L’estensione della città nella zona di levante, un abitato concepito come «residenziale di alto livello»12, fu accelerata da un “evento speciale” che avvenne nel 1892: le celebrazioni del 400° anniversario della scoperta del continente americano. Fu una manifestazione, per quei tempi, un po’ sulla falsariga delle esposizioni universali ormai in voga in quel periodo, «coraggiosa e solenne»13 che probabilmente fece uscire definitivamente dalla crisi di inizio Ottocento l’intera città. La manifestazione attirò turisti da tutto il mondo, ribadendo la centralità dello scalo italiano nel Mediterraneo: sfruttando questo avvenimento alcuni intellettuali fondarono il partito socialista italiano.

Descrizione

A distanza di circa dieci anni, dal piano regolatore del 1877, ci si trovò nella condizione (dato che erano state realizzate poche abitazioni – cinque caseggiati – rispetto a quelle previste dal piano stesso) di dover valutare un nuovo “progetto urbanistico”: la “prima” approvazione, da parte del Consiglio Comunale, avvenne il 25 agosto 1888, quella definitiva14 il 27 maggio 1891; in questi tre anni furono esaminate varie osservazioni inoltrate da vari soggetti privati, le quali furono rigettate dalla Deputazione Provinciale di Genova (riunione del febbraio 1889).

In questo piano regolatore furono previste le prime “demolizioni”, ma l’abbattimento avvenne in tempi successivi.

1) casa sita nei pressi della foce del Bisagno e presente fin dal secolo XVII, visibile anche nella rappresentazione del Baratta;

2) case site in via del Gambero e via del Lazzaretto costruite tra il 1747 e il 1808;

3) case site in vico del Delfino costruite tra il 1874 e il 1877;

4) Casa Comunale e Scuole Elementari dei primi dell’Ottocento;

5) Oratorio: l’antico edificio religioso, posto nella riva destra del Bisagno e riferibile al XVII secolo, fu demolito nel 1891;

Risultano in progetto i primi quattro caseggiati dell’attuale via Casaregis nella zona a mare, anche se furono realizzati nel primo decennio del Novecento.

Fu avanzata la proposta15 di riduzione della larghezza stradale, da 40 mt. a 20 mt., dell’ultimo tratto lungo l’argine sinistro del Bisagno al fine di uniformare tutta la sezione stradale.

All’interno del Cantiere Navale è presente ancora una costruzione che un tempo era adibita ai responsabili dell’attività agricola.

Non sono presenti gli edifici di tipo industriale: nella zona adiacente al Bisagno erano presenti due ciminiere ed una terza si trovava nell’area dell’attuale rimessa degli autobus “AMT”.

Un nuovo asse viario (Corso Torino)

L’unica via di comunicazione per “uscire” dal Borgo della Foce, anche in questi anni, era quella di seguire la cinta muraria del cantiere fino alla piazza del Popolo e successivamente, per giungere alle porte della città era più agevole percorrere la nuova via della Libertà. Per lo sviluppo economico del “nuovo quartiere”, derivanti dalle sistemazioni urbanistiche sopra descritte, era necessario migliorare la viabilità tracciando nuove strade, espropriando i terreni ancora coltivati di proprietà dei privati. Dal 1890 al 1905 furono progettati (e/o realizzati) cinque palazzi.

In questo nuovo tracciato viario, realizzato a “schiena d’asino” (per poter costruire la rete fognaria chiamata “fognone”) intorno al 1890, e previsto dal piano urbanistico del 1888, furono ricavate delle aiuole, delimitate da cordoli di pietra a becco di civetta e protette spesso da basse ringhiere in ferro, nelle quali furono impiantati dei platani16.

Via della Libertà 20 (1888) 17

Il progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 480) della già citata via della Libertà (parte di levante), fu presentato dall’ingegnere18 Giovanni Ciceri il 27 luglio 1888: il “decreto” del Sindaco fu approvato il 29 agosto successivo con la pubblicazione di sei articoli (riconducibili ad una sorta di “regolamento edilizio”) riguardante principalmente l’argomento delle “acque nere”19.

Fu inoltre precisato che i singoli appartamenti realizzati, sarebbero stati dichiarati abitabili solo dopo la stesura del decreto di abitabilità emesso dalla Giunta Comunale, provvedimento che sarebbe stato redatto dopo che il proprietario (Giovanni Dondero) avesse presentato l’avviso di fine lavori all’Ufficio dei Lavori Pubblici.

Rispetto ai palazzi precedentemente descritti il progetto, relativo alla facciata principale, contiene ornati architettonici di estrema rilevanza con “cornici”20 in ogni finestra e diversi per ogni piano: ai nostri giorni la facciata principale è il risultato di decorazioni eseguiti con la tecnica della “tempera”. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50, ed è composto da sei piani fuori terra: al piano strada fu previsto la realizzazione di sei locali da destinare ad “attività commerciali”.

Via Giuseppe Casaregis

Il classico schema di sezione con il piano viario al centro, i due filari di alberi sui bordi ed i due marciapiedi all’esterno è quello adottato per la Via Giuseppe Casaregis: le due fasce alberate avevano pavimentazione in ciottoli di dimensione piuttosto grosso con la CUNETTA lungo il marciapiede; in corrispondenza dei tronchi, un quadrato o un cerchio rimaneva scoperto per lasciare “respirare” la pianta e permetteva l’assorbimento della pioggia. La realizzazione di questa strada rese necessario anche la progettazione della rete fognaria pubblica: in ogni progetto degli edifici, che saranno costruiti ad inizio Novecento, alcuni disegni prevedevano l’esame delle varie condotte.

Via della Libertà 22 – 24 (1889)21

Il progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 520 e di proprietà dei fratelli Piceni e Augusti) della via della Libertà (parte di levante), fu presentato dall’ingegnere Giovanni Ciceri (lo stesso del caseggiato civico 20) il 21 novembre 1889: il progetto fu esaminato nella seduta della Commissione Edilizia del 13 dicembre successivo, con l’avvertenza che il «pozzo di luce interno»22 fosse di metri quattro di larghezza. Il “decreto” del Sindaco fu emanato l’8 gennaio 1890 dopo il parere dell’Ufficio di Igiene (7 gennaio 1890). Il tempo di realizzazione fu di circa un anno. Nei disegni progettuali erano previsti, per la facciata principale, ornati architettonici di estrema rilevanza con “cornici” in ogni finestra (di diversa altezza per ogni piano) e diversi per ogni piano: ai nostri giorni tale accorgimento è stato utilizzato fino al primo piano per la restante parte è stata scelto un prospetto lineare con l’inserimento di marcapiani. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra e con due ingressi distinti.

Via Finocchiaro Aprile 8 – 10 – 12 – 14 (1889)23

Il progetto per la costruzione di due edifici, relativo ad un’area fabbricabile posta «sulla spianata del Bisagno, aderente alla via del Rivale24 [confinante sul lato di levante con] il grandioso stabilimento della Compagnia Generale Francese di Tramway»25 (di circa mq. 1200 e di proprietà di Francesco Podestà) fu presentato il 5 dicembre 1888, e secondo le intenzioni dello stesso proprietario erano destinati «ad uso della classe media della cittadinanza Genovese e pare che di simili costruzioni ve ne sia nel Bisagno»26. L’istanza fu esaminata nella seduta della Commissione Edilizia del 19 gennaio 1889 (e forse anche in un’ulteriore riunione del 26 gennaio) ma la domanda fu rigettata (principalmente perché un lato dell’area fabbricabile era superiore rispetto a quella prevista dal Piano Regolatore) e conseguentemente il proprietario ritirò i disegni. Il 23 marzo successivo fu ripresentata una nuova domanda (con ulteriori elaborati grafici) e fu dibattuta nella seduta della Commissione Edilizia del 16 aprile e il progetto fu approvato definitivamente il 16 maggio 1889. L’altezza degli edifici è di mt. 22,50 e sono composti da sei piani fuori terra più un sottotetto: al piano strada fu prevista la realizzazione di quattro locali, per ogni caseggiato, da destinare ad “attività commerciali”. Ai nostri giorni i due palazzi non sono speculari ma mostrano degli ornamenti architettonici differenti: per i civici 8 e 10 sono state seguite le indicazioni progettuali, ma con l’aggiunta di balconi.

Via della Libertà 26 (1890)27

Il progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 1000 e di proprietà di Piceni Gaspare, dei fratelli Augusti, di Grondona Gaetano e di Malerba Emanuele) della via della Libertà (parte di levante), fu presentato il 20 agosto 1890. Successivamente, con lettera del 6 settembre, uno dei proprietari (Piceni Gaspare) inoltra all’ufficio competente, con lo stesso iter28, un “sollecito” per l’approvazione del progetto stesso, evidenziando che con il consenso favorevole si poteva dare inizio ai lavori «ed occupare un forte numero di operai»29: la richiesta fu esaminata nella seduta della Commissione Edilizia del 12 settembre, benché la “motivazione del rigetto”30 porti la data dell’11 settembre.

Il 19 settembre, dopo un ulteriore lettera31 del giorno precedente redatta dal già citato Piceni Gaspare, il progetto fu riesaminato nella seduta della Commissione Edilizia, questa volta con parere favorevole, e dopo un ulteriore consulenza dell’Ufficio di Igiene (25 settembre 1890), fu approvato definitivamente. La facciata principale, contiene ornati architettonici di estrema rilevanza con “cornici” in ogni finestra (di diversa altezza per ogni piano) e diversi per ogni piano: ai nostri giorni gli ornamenti architettonici sono presenti fino al primo piano, poi risulta lineare per la restante parte con l’aggiunta di marcapiani tra il primo e il secondo e tra il terzo e quarto piano. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra più un sottotetto: al piano strada fu previsto la realizzazione di sei locali da destinare ad “attività commerciali”.

Via Giuseppe Casaregis 16 – 18 (1892)32

Il progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 600) della zona di levante del vecchio Comune della Foce (divenuto frazione di San Francesco d’Albaro) di proprietà della Società33 Cooperativa per la costruzione di case economiche ed operaie, nella persona del presidente Carlo Dotto, fu presentato il 14 aprile 1892. Il “decreto” del Sindaco fu emanato il 12 maggio 1892 dopo la valutazione della Commissione Edilizia (9 maggio 1892) e il parere dell’Ufficio di Igiene. La sistemazione della rete fognaria prevedeva la costruzione di un pozzo nero (distante mt. 8 dal caseggiato: da qui il motivo di realizzare una “passerella” tra sede viaria e il portone d’ingresso) il quale sarebbe stato collegato al «fognone della via»34 (a quel tempo ancora in via di realizzazione). L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sette piani fuori terra con due ingressi distinti. La facciata principale rispecchia l’elaborato grafico progettuale.

Corso Torino 46 – 48 – 50 – 52 (1893)35

Il primo edificio costruito nella nuova via alberata fu realizzato dalla Società Cooperativa per la costruzione di case economiche ed operaie, la stessa che costruì il caseggiato di via Casaregis civici 16 – 18 e che nelle immediate vicinanze possedeva un ulteriore lotto fabbricabile diventato in seguito l’attuale palazzo posizionato all’angolo tra via Barabino e corso Torino lato di levante.

Il progetto, relativo all’area di circa mq. 1400, fu presentato il 20 ottobre 1893 e fu esaminato in due sedute della Commissione Edilizia (7 dicembre36 e 16 dicembre1893); fu anche vagliato dall’Ufficio di Igiene (5 dicembre37 e 13 dicembre) il quale prescriveva, escludendolo, che «il piano sotterraneo venga in alcun modo adibito per abitazioni»38. L’approvazione avvenne il 18 dicembre 1893. Durante la “giunta” della Commissione Edilizia del 14 luglio 1894 e il parere dell’Ufficio di Igiene del 25 luglio fu approvata una variante39 di progetto. Il Decreto del Sindaco fu emesso il 28 luglio 1894 (N° 44), fermo stando tutte le altre condizioni nel precedente decreto del 18 dicembre 1893 (N° 433).

L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra con quattro ingressi distinti. Nella facciata principale, prospiciente sul viale alberato, sono stati realizzati degli ornamenti su ogni finestra e in alcuni piani le decorazioni sono a forma di timpani.

Corso Torino 35 (1895 – 1897 – 1905)

L’Edificio in questione può essere considerato come il “precursore” dello Stile Coppedè (di chiara ispirazione allo Stile Liberty) utilizzato a Genova ad inizio del Novecento, ma per arrivare all’aspetto attuale (soprattutto nella facciata principale) si dovettero attendere ben dieci anni e la realizzazione di tre progetti, l’ultimo proprio del 1905.

L’idea iniziale del proprietario del lotto edificabile (di circa mq. 1120), un certo Giuseppe Geddo, era quella di realizzare una “casa da pigione”, così come per i palazzi della zona, ma anziché essere destinati ad una classe sociale meno abbiente, le abitazione erano rivolte ad un pubblico benestante.

Il primo progetto fu presentato in data 23 marzo 189540 ed elaborato dall’Ingegnere Cesare Cerruti: il parere favorevole della Commissione Edilizia avvenne durante la seduta del 27 marzo 1895, mentre quello dell’Ufficio di Igiene l’8 aprile: il Decreto del Sindaco fu emanato il 9 aprile 1895 (N° 101), con queste prescrizioni: «1° Siano alquanto adeguate le logge laterali della facciata; 2° Sia tolta la forte scarpa data ai muri perimetrali; 3° Siano alquanto ingrandite le finestre circolari del 6° piano; 4° Ultimati i lavori il proprietario ne dia avviso all’Ufficio di Edilità; 5° La casa costrutta non venga abitata se prima non è dichiarata abitabile da Sindaco»41.

Nell’elaborato grafico erano state progettate delle decorazioni alle finestre, soprattutto nella facciata principale, quali cornici e timpani; erano previsti solo due balconi; all’ultimo piano il progettista presentava una soluzione con “attico”42. I marcapiano dovevano essere realizzati in evidenza anche con ornamenti a “grecale”.

Il 27 agosto 189743 fu presentato un secondo progetto, sempre a firma dell’ingegnere Cesare Cerruti, ma contrariamente al precedente elaborato il proprietario risulta un certo Vezzosi. Il giorno successivo l’Ufficio di Igiene diede il suo parere favorevole, mentre la Commissione Edilizia si riunì in due sedute (1 e 3 ottobre 1897). L’Ufficio dei Lavori Pubblici, nella relazione del 4 ottobre, “consigliava” di «modificare la costruzione della casa». Il 17 novembre 1897 l’intera documentazione progettuale fu ritirata.

L’ultimo progetto fu presentato dall’ingegnere Carlo Fuselli44 il 24 marzo 1904, il quale nell’unita relazione progettuale espone la sua idea nel seguente modo: «Progetto di costruzione di Casa Signorile da edificarsi in Genova sull’area situata all’estremità di Corso Torino verso Piazza del Popolo. Intento del sottoscritto si è quello di fare opera la quale, anche sotto l’aspetto estetico interiore, risponda a’ buoni dettami d’Arte e conferisca quindi maggiore decoro a quella regione; e per meglio conseguire codesto intento chiede che gli sia accordata facoltà di costrurre il Piano Mansarda, il quale dovrà assumere carattere eminentemente decorativo, invece dell’usato ed antiestetico piano del casotto»45. L’Ufficio di Igiene, nella riunione dell’11 aprile 1904, diede parere favorevole con «riserva per la deroga al primo paragrafo dell’articolo 9 del Regolamento Edilizio del 20 marzo 1877»46. L’Ufficio dei Lavori Pubblici, nella relazione del 27 aprile 1904, fornisce il suo giudizio sul piano mansarda, esprimendo che per tale “piano” era necessario presentare una «speciale domanda onde essere autorizzato a costrurlo, ritenendo che per esso l’opera progettata, anche sotto l’aspetto estetico, conferisca maggior decoro a quella località»47.

La Commissione Edilizia si riunì il 10 maggio 1904. Dalla “notifica”, inviata al progettista, si evince che il parere fornito dall’ufficio tecnico non fu tenuto in considerazione: «modificare il disegno rappresentante la costruzione sostituendovi il tetto alla Mansarda con tetto di altra foggia consentita dai vigenti regolamenti»48.

Il 9 luglio successivo l’Ufficio dei Lavori Pubblici fu interpellato nuovamente, ma non cambiò il suo precedente giudizio, la Commissione Edilizia, nella riunione del 12 luglio 1904, fornì il suo parere favorevole.

L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50, composto da sei piani fuori terra più il piano mansarda con tre “scale interne”49 e impianto di elevazione per il trasporto di persone (ascensore).

Furono progettati dieci balconi, sistemati nel secondo nel quarto piano e nel piano mansarda, mentre per gli altri “livelli” furono realizzati delle strutture molte simile ai bovindi50. Al piano strada fu prevista la realizzazione, per la facciata principale, di otto locali (botteghe) da destinare ad “attività commerciali”, e sette nella via laterale (che sarà poi chiamata via Eugenio Ruspoli).

Corso Torino 31 – 33 (1897)51

In data 1 febbraio 1897 fu presentata domanda, dal proprietario di un lotto di circa mq. 1150 (Costa Francesco Nazzaro fu Francesco), per il progetto (sviluppato dall’Ingegnere Bagnasco Carlo) di un caseggiato con due ingressi distinti. L’elaborato fu esaminato nella seduta della Commissione Edilizia del 4 marzo 1897 e approvato con Decreto del Sindaco del 9 marzo (N° 283)52, dopo il parere dell’Ufficio di Igiene del 20 febbraio 1897.

Per derogare alla disposizione, che non prevedeva abitazioni al piano terreno, il 13 dicembre 1897 il proprietario decise di inserire delle modifiche al progetto stesso, redigendo la seguente istanza: «Secondo le varianti proposte, le parti del piano terreno prospicienti i distacchi vengono ad avere il pavimento sopraelevato di 0,50 m. dal terreno circostante, da cui l’intiera costruzione è separata mediante apposita intercapedine. Inoltre, sotto il pavimento sono progettate le prescritte camere d’aria cosicché i tre lati  in questione vengono a trovarsi in ogni loro parte nelle condizioni di abitabilità richiesta dalle vigenti leggi»53. Il parere favorevole dell’Ufficio di Igiene avvenne dopo lo svolgimento di tre riunioni, nelle ultime due furono espresse i seguenti pareri: 3 gennaio 1898: «Si rimette ai Lavori Pubblici con parere favorevole alla condizione che le due camere poste negli angoli nel lato del Corso Torino siano destinate a cantine»54; 4 febbraio 1898 «Date le condizioni di fatto segnalate dalla Commissione Edilizia nel suo parere del 25 gennaio si emette parere sfavorevole per la ultimazione del piano terreno ad abitazioni»55.

Fu stabilita la distanza di quindici metri nei due distacchi fra i palazzi viciniori. Come per il caseggiato di via della Libertà civico 26 fu realizzato un cortile condominiale. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra con due ingressi distinti. Nella facciata principale, prospiciente sul viale alberato, sono stati realizzati degli ornamenti su ogni finestra e in alcuni piani le decorazioni sono a forma di timpani.

Corso Torino 54 – 56 – 58 (1899)56

Il progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 1150 e di proprietà di un certo Adolfo Casalea), posizionato nella nuova via alberata, fu presentato il 16 dicembre 1898. La richiesta di costruzione fu esaminata nella seduta della Commissione Edilizia del 20 dicembre, mentre il giorno successivo fu l’Ufficio d’Igiene a fornire il suo parere: «Sui 3 piani non dovrebbe a giudizio di chi scrive apparire a 2 piani perché a senso del Regolamento uno solo è consentito. E’ vero che trattasi del lucernaio per l’illuminazione e l’areazione della scala; ma si crede doversi trovare una soluzione che soddisfacente anche all’estetica e che non abbia l’apparenza della violazione del Regolamento. Si crede che anche le decorazioni della facciata, specialmente per ciò che si riferisce alle finestre del 1° piano potrebbe essere migliorata»57.

Il progetto fu ulteriormente esaminato nella riunione della Commissione Edilizia del 17 gennaio 1899 e il 4 marzo il Sindaco emise il relativo decreto.

Fu realizzato un cortile condominiale che mette in comunicazione i due portoni di ingresso con le due scale interne. Nella facciata principale, prospiciente sul viale alberato, sono stati realizzati degli ornamenti (cornici di varie forme geometriche) su ogni finestra e in alcuni piani le decorazioni recano degli stemmi.

L’edificio è composto da sei piani fuori terra (dell’altezza di mt. 22,50), più un sottotetto di mt. 3,00: al piano strada furono previsto la realizzazione di sette locali (botteghe) da destinare ad “attività commerciali”.

L’Oratorio della Foce58

A seguito dell’apertura del cimitero monumentale di Staglieno (1867), la tumulazione in quello della Foce fu abbandonata (il cancello fu “chiuso definitivamente” nel 1875) e l’oratorio non ebbe più i numerosi benefattori del passato: le messe giornaliere, come era nel periodo 1824 – 1838, diminuirono sensibilmente.

L’oratorio fu ulteriormente chiuso, «per mala amministrazione», il 16 gennaio 1889 con ordine governativo e su proposta del Commissario Regio (Commendatore Cravero): il 4 aprile successivo fu riaperto nominando cappellano un certo Antonio Soldà.

La demolizione delle due costruzioni avvenne nel mese di aprile del 1891 per i lavori di riassetto urbanistico della zona.

Ai nostri giorni la memoria di queste costruzioni è ricordata in una lapide.

NOTE

1) Questo ampliamento di carattere edilizio è da mettere in relazione, probabilmente, con la “previsione” di una futura espansione demografica: a metà dell’Ottocento Genova è ferma ad una popolazione di poco meno di 100.000 abitanti (come alla fine del Medioevo), ma nell’ultimo ventennio assistiamo ad una travolgente ascesa.

2) DE NEGRI 2003, p. 784.

3) CAGNIN – FOSSATI 2019, p. 63.

4) Con rapporto del 12 aprile 1876 la Commissione, istituita appositamente, mantiene il Bisagno nel suo alveo attuale.

5) Era l’organo esecutivo delle provincie italiane durante il periodo monarchico: corrisponde a quello che nell’ordinamento repubblicano è chiamato “Giunta Provinciale”.

6) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicoli N° 17 e N° 69 (1875): approvati dall’Ufficio dei Lavori Pubblici (divisione ufficio di edilità).

7) L’approvazione definitiva fu ratificata con la Legge N° 3908 del 20 giugno 1877. Sarà il Cavaliere Felice Segre, nominato da Vittorio Emanuele II “regio delegato” a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale, che provvederà alla conferma del piano e decreterà sul regolamento per la sua esecuzione.

8) Si trattava di una “linea difensiva” costruita nel periodo 1626 – 1633.

9) CAGNIN – FOSSATI 2019, p. 42.

10) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 67 (1876).

11) Vedi art. 7.

12) LINGUA 2001, p. 233.

13) DE NEGRI 2003, p. 784.

14) «…colle rettificazioni nuovamente proposte dalla Giunta Municipale» (cfr. con verbale relativo).

15) Tale proposta fu “rigettata” durante la seduta del 23 maggio 1887. Il 2 novembre 1888 l’Ufficio del Genio Civile (ingegnere Belladore) richiese il “documento di deliberazione” per poter esaminare le le osservazioni alla variante del piano.

16) Nell’arredo urbano di Genova “l’elemento albero” è poco presente: ciò dovuto alle larghezze delle vie non sufficienti a consentirne l’esistenza. (CAIOLI – TALLARICO 1991, p. 24 – 26).

17) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 91 (1888).

18) Fu membro del Consiglio direttivo della Scuola Superiore Navale dal 1904 al 1920; Sindaco del comune di Nervi nel 1911 e Consigliere Provinciale nel 1912.

19) Art. 1 – Le latrine siano a sistema inodoro.

     Art. 2 – Le acque degli aquai e lavandini siano convogliate nei canali delle latrine al di sopra del sifone di presa.

     Art. 3 – Le condotte delle latrine siano impermeabili, e munite inferiormente di sifone.

     Art. 4 – Ove nella località di cui è caso non esistono condotti immondi, i pozzi neri siano a sistema Degléré, e muniti di sfiatatoio fino al tetto.

20) Con questo termine ci si riferisce a qualsiasi modanatura che delimiti una struttura architettonica o inquadri una superficie.

21) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 111 (1889).

22) Idem.

23) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 138 (1889).

24) Per Rivale è da intendersi “riva del fiume”.

25) Il 13 gennaio 1877 il Comune concesse alla Compagnia Generale Francese di Tramways la costruzione e l’esercizio di una tranvia a cavalli da piazza Principe a Sampierdarena: la tratta fu inaugurata il 10 marzo 1878. Nel 1883 la Compagnia Francese subentrò alla Società Ligure nell’esercizio delle linee di omnibus mentre la rete tranviaria si estese nel 1889. Nel 1890 si arrivò ad una spartizione delle concessioni fra tre diversi gruppi, ognuno dei quali avrebbe esercitato le linee in tre diversi settori della città.

26) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 138 (1889).

27) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101 (1890).

28) La “domanda di presentazione” del progetto veniva “protocollata” dall’ufficio comunale denominato Edilità e Lavori Pubblici.

29) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101 (1890).

30) Idem: «Visto. L’area occupata dal caseggiato costruendo è maggiore di quella segnata nel piano regolatore, quindi non puossi annuire alla fatta domanda».

31) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101 (1890):

«1° che la ditta richiedente […] proprietaria esclusiva di tutto il terreno retrostante alla Piazza del Popolo, perciò essa si obbliga a costrurre in condizioni identiche e simmetriche […] che non diminuisce la luce sui distacchi, ne impedisce la ventilazione ne la luce delle aperture perimetrali anzi, a suo modo di vedere, son queste le condizioni migliori.

2° che la configurazione di detta pianta permette la costruzione di un cortile interno di circa 113 metri quadrati, invece di soli mq. 40 come basterebbero a termini di legge e questo a tutto e solo vantaggio della igiene della casa».

32) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 51 (1892).

33) La società aveva sede in vico Vegetti al civico 8.

34) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 51 (1892).

35) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 165 (1893) con variante N° 79 (1894).

36) L’Ufficio di Edilità e Lavori Pubblici notificò, in data 8 dicembre, la seguente prescrizione, relativa all’integrazione dei disegni progettuali, corredandoli «con particolari dei due cornicioni dal piano tre all’ultimo piano e delle decorazioni laterali. In pari tempo ha rilevato che il numero dei piani eccede il limite regolamentare e che il cornicione è troppo esiguo in confronto delle dimensioni della casa».

37) L’Ufficio di Edilità e Lavori Pubblici notificò, in data 6 dicembre, la seguente prescrizione, relativa all’integrazione dei disegni progettuali, corredandoli di «1° Della pianta del piano sotterraneo con l’indicazione delle fognature; 2° Di una sezione da cui risulti la forma e la pendenza dei condotti e la quota di pendenza e in qual punto del fognone di Corso Torino».

38) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 165 (1893).

39) «Con tale modifica il piano del casotto rimane alla distanza dal vivo esterno del muro sotto il piano ideale inclinato di 35 gradi dal ciglio di gronda a norma dell’Art. 5 del Regolamento Edilizio».

40) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 42 (1895).

41) Idem.

42) E’ parte di un edificio aggiunta al di sopra del cornicione, con funzione di coronamento o di vero e proprio piano di abitazione.

43) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 103 (1897).

44) Nacque a Genova il 24 ottobre 1864 (morì il 1° novembre 1931). Diventò uno dei più apprezzati costruttori della città, con studio in Piazza Tommaseo. In un periodo in cui l’edilizia era “votata” a criteri speculativi, seppe dare alle sue costruzioni un carattere distintivo, mosso com’era da un’elevata estetica: progettò anche il palazzo di via Invrea civico 20.

45) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 175 (1905).

46) Idem.

47) Idem.

48) Idem.

49) «La superficie di illuminazione delle scale A e B sarà di circa 70 metri quadrati e l’edicoletta lucernajo situata sul piano terrazzo sarà costrutta con tettoja e pareti verticali a vetri. La superficie di ventilazione delle scale stesse sarà non minore di 20 metri quadrati». (Pianta del Piano Terreno)

50) Si tratta di un corpo chiuso, sporgente rispetto alla linea del prospetto dell’edificio, in genere vetrato, che costituisce un prolungamento funzionale, con forti valenze architettoniche. Nel caso in cui inizi da un piano superiore a quello terreno il bow-window è detto oriel.

51) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 32 (1897).

52) Nel Decreto erano contenute le seguenti prescrizioni: «1 – I lucernai delle scale vengano abbassati al livello del tetto, oppure siano costrutti interamente in cristalli; 2 – Il piano terreno non sia adibito ad abitazioni; 3 – Ultimati i lavori il proprietario ne dia avviso all’Ufficio di Edilità; 4 – La casa costrutta non venga adibita se prima non è dichiarata abitabile dal Sindaco».

53) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 32 (1897).

54) Idem.

55) Idem.

56) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 17 (1899).

57) Idem.

58) CAGNIN – FOSSATI 2019, p. 72. CAGNIN 2021, p. 92.